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Lo Stallone Italiano non è solo un'atleta. Non è solo un pugile. Non è la caricatura del "duro" da ring che l'immaginario comune si aspetterebbe. Si tratta di un paradosso vivente. E' un contrasto che vibra. L'estetica della forza che si intreccia con la fragilità umana.

Nel nostro racconto, la potenza primordiale dello Stallone viene trattenuta, imbrigliata, quasi addomesticata da un ragazzo che porta addosso l'Italia. Un'Italia atipica, ribelle, non patinata. L'Italia che Nero Ottico racconta: ruvida, sensibile, imperfetta ma determinata a riscrivere la propria narrazione.

Il giovane protagonista non è un eroe. Non è un vincitore scolpito. E' timido, storto, impreciso. Ed'è proprio qui che nasce la magia: la sua figura imperfetta diventa la controparte, l'estensione emotiva, il necessario antagonista dello Stallone.

La forza brutale dell'animale diventa metafora del caos interiore dell'uomo. Il ragazzo non domina lo Stallone: lo guida. Non lo controlla: lo rispetta. Non lo possiede: lo incarna. Si tratta di una danza. Un'equilibrio precario tra ciò che potremmo essere e ciò che ci spaventa diventare

Da questo incontro di mondi nasce la definizione di Stallone Italiano: un'identità duale, una tensione narrativa. Si tratta dell'Italia che torna a correre, ma lo fa con il passo incerto di chi non ha mai smesso di provarci.

Nero Ottico non glorifica il pugilato: ne prende l'essenza. Non celebra la vittoria: rispetta la fatica. Non racconta l'atleta: racconta l'uomo prima del match.